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STORIA
Ricostruire la dimensione familiare: un bisogno percepito dal 75% dei MSNA in Italia

 Oltre il 60% dei minori stranieri non accompagnati non sono informati circa la possibilità, formalmente riconosciuta dalla normativa vigente, di potere essere accolti in una famiglia affidataria. È il risultato del sondaggio lanciato da U-Report on the Move, piattaforma digitale ideata da UNICEF per ascoltare la voce dei giovani migranti e rifugiati presenti sul territorio. Eppure l’opzione di vivere in un contesto familiare interesserebbe a ben il 75% dei rispondenti contro un 12% che dichiara di non essere interessato all’ipotesi e un 13% che si mostra incerto rispetto all’idea.

Di particolare rilevanza è il fattore che spingerebbe molti a volere vivere in famiglia. Oltre il 70% dei minori sceglierebbe questa ipotesi perché, nonostante non lamenti le condizioni di vita nel centro, vorrebbe sentirsi come a casa. Il sondaggio rivela così l’importanza della dimensione familiare per gli adolescenti che arrivano da soli in Italia e il bisogno percepito da una grossa fetta di ricostruire quelle relazioni e quell’ambiente tipico della vita all’interno di un nucleo familiare che hanno perso intraprendendo la rotta migratoria. A questo 70% si aggiunge un ulteriore 12% di minori che oltre a volere ricostruire quelle condizioni sceglierebbe il percorso di affido anche perché non ama la vita nei centri. A spingere a dire no rispetto alla possibilità di essere accolto in famiglia è invece, nella maggior parte dei casi, la soddisfazione rispetto alle condizioni di vita nel centro d’accoglienza (54%) e la voglia di acquisire maggiore indipendenza nel breve periodo (38%).

Nel 2017, UNICEF ha avviato un accordo di cooperazione con il CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza – per avviare una sperimentazione di forme di affidamento familiare al fine di rispondere a questa esigenza. Nel 2018 saranno potenziati gli interventi per favorire queste forme di protezione che si pongono come un’alternativa alla vita nei centri volta a far recuperare al minore quella fase dell’infanzia e dell’adolescenza che non ha vissuto e a realizzare un migliore accompagnamento della ragazza o del ragazzo nel percorso di vita e di inclusione sociale.

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