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STORIA
Cronache dagli sbarchi. I sogni oltre i numeri

Palermo, ore 7,20. La nave attracca al porto. Dal ponte tanti occhi fissi sulla banchina, mani che salutano, canzoni africane che segnano la fine del lungo viaggio.

Comincia così la seconda vita di tanti adolescenti che arrivano in Italia, attraverso la rotta del Mediterraneo, senza figure familiari di riferimento. Iniziano le operazioni di sbarco. La polizia e le ONG locali li riuniscono tutti lì, sotto la tenda che ospita i “minori stranieri non accompagnati”, un’etichetta che descrive lo status di queste ragazze e ragazzi, ma che non dice nulla sulle loro storie. Noi abbiamo imparato a conoscerli già a bordo, nella rotta verso il porto che segue le operazioni di ricerca e soccorso portate avanti sulle navi della Guardia Costiera da UNICEF, in collaborazione con Intersos, nell’ambito del programma “One UNICEF Response”.

Tra questi ragazzi c’è Ibrahim, partito dalla Costa d’Avorio una mattina o un pomeriggio di un giorno qualunque – il tempo in Africa non è scandito come da noi - scappato da una situazione di povertà estrema. È andato via dal suo Paese senza portare nulla con sé, se non il peso di una famiglia da sfamare sulle spalle. Ha bisogno dei documenti, gli servono per lavorare e mandare i soldi a casa. Mamadou invece viene dal Gambia. Da quando suo padre è stato ucciso, la vita familiare è cambiata per sempre. Così ha intrapreso anche lui il viaggio che l’ha portato in Mali, poi in Algeria, fino alla Libia. C’è anche Aminah, spalle alte e occhi neri bassi, una delle poche ragazze presenti (oltre il 90% dei minori che arrivano sono ragazzi). Lei viene dalla Nigeria, dice di essere maggiorenne, lo dice probabilmente per sfuggire ai controlli dei centri, per essere libera di poter riscattare il suo viaggio così lo juju (da noi conosciuto come voodoo) non avrà effetto su di lei e sulla sua famiglia.

C’è un punto in cui queste storie si intrecciano. I viaggi – lunghi quasi sempre un anno o poco più – portano in Libia, dove inizia la traversata in mare, quello che ai nostri occhi è il momento più difficile. Eppure per molti di loro l’esperienza peggiore è quella vissuta nello Stato nordafricano, per via delle torture e delle violenze di cui sono stati spesso sia vittime che testimoni. Questi i momenti che più di altri lasciano profonde ferite, sia visibili che cicatrici interiori, volti e voci che continuano a svegliarli nella notte. Nel lento processo che va dall’attesa dei documenti alla definizione del nuovo percorso nel nostro Paese, tutte le volte che la testa non è distratta da altre attività, questi attimi tornano davanti ai loro occhi.

Oltre ai vissuti e alle storie riportate sui giornali all’indomani dello sbarco, esiste poi un mondo di aspirazioni e sogni, quelli che ascoltiamo nei centri di prima accoglienza dove UNICEF è presente insieme a Intersos. Perché prima ancora di essere migranti e rifugiati sono adolescenti, spesso meno spensierati della media dei loro coetanei ma con gli stessi bisogni e desideri. Molti dei ragazzi che arrivano amano giocare a pallone, molti vogliono lavorare in futuro nell’accoglienza, per aiutare chi come loro affronta il viaggio sperando in un domani migliore. C’è chi ama disegnare usando i toni caldi dell’Africa subsahariana, chi scrive poesie come Omar, chi vuole restare qui e dare il contributo al nostro Paese in segno di riconoscenza. La sfida più importante, condotta a fianco dei governi nazionale e locali, è fare in modo che Aminah frequenti il corso di cucina italiana che tanto vorrebbe seguire per lavorare un domani nella ristorazione, che Mamadou completi gli studi per diventare mediatore con altri ragazzi della sua età, vedere sempre più spesso Ibrahim passeggiare per le strade tra Ballarò e Santa Chiara con Bamba, suo inseparabile compagno di viaggio, ma anche con i nuovi amici conosciuti in Italia.

Palermo, ore 14,30, è finito lo sbarco. Mentre un pullman porta via le storie, rimangono i numeri trasmessi a breve dal telegiornale: tra le 400 persone salvate in mare anche un bambino che avrà più o meno 6 anni e 42 ragazzi con un’età compresa tra i 15 e i 17. La nave si allontana dal porto e, per tutti, il viaggio ricomincia qui.

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